PASTA CON LE SARDE

Pasta ch’i sardi

 

PASTA CON LE SARDE

Pasta ch’i sardi

 

Storia

La pasta con le sarde è un classico della cucina palermitana e siciliana. Piatto complesso, che gioca sull’equilibrio di sapori contrastanti, può essere ritenuto il primo esempio di pasta “mare e monti” per l’accostamento delle sarde con il finocchietto selvatico. Si tratta di un primo in cui questi due ingredienti poveri vengono amalgamati ai pregiati pinoli e all’uva passa per mezzo dello zafferano.

Secondo una leggenda nacque dall’ingegno di un cuoco al servizio del Tumarca Eufemio da Messina intorno all’IX secolo d. C., a cavallo tra la dominazione bizantina e quella araba. Eufemio, siculo bizantino, alleatosi con i saraceni in ottica anti bizantina, sbarcò a Mazara del Vallo alla guida della flotta araba. Qui l’anonimo cuoco avrebbe sfamato le truppe stremate dal viaggio con ciò che il territorio offriva, ovvero sarde e finocchietto selvatico, uniti all’arabo zafferano. Al di là della veridicità del racconto, diverse acquisizioni storiche consentono di considerare la pasta con le sarde un piatto siculo arabo, in cui gli ingredienti tipici del territorio s’intrecciarono con sapori e saperi altri. A partire dall’uso della pasta lunga, introdotta in Sicilia proprio dagli arabi: si ha infatti testimonianza dell’esistenza, nei primi anni del X secolo d. C., di un pastificio a Trabia che produceva spaghetti, i triyah. Anche l’uva di Corinto (in dialetto passolina), i pinoli e lo zafferano fecero il loro ingresso stabile nella cucina siciliana dopo la conquista saracena dell’Isola. Infine, furono ancora gli arabi a praticare e promuovere una cucina maggiormente complessa, fondata sulla ricerca di quell’equilibrio tra sapori ben rappresentato dalla conza (condimento) della pasta con le sarde: un’armonia fra l’aroma fresco del finocchietto selvatico e quello deciso delle sarde, fra la nota speziata dello zafferano e quella dolce dell’uva passa e dei pinoli. Gli ingredienti comuni vengono dunque valorizzati dalla tecnica di preparazione e dalla presenza di elementi pregiati, fra tutti lo zafferano, l’oro rosso. In tal senso, è possibile attribuire alla pasta con le sarde anche una vocazione celebrativa: l’esaltazione della ricchezza e dello splendore di Palermo, capitale dell’Emirato di Sicilia. Nel tempo la ricetta ha raggiunto la forma attuale, con l’aggiunta dell’acciuga o della sarda salata nel soffritto di cipolla (furono i Normanni a introdurre, soprattutto nell’entroterra siciliano, l’uso di pesce conservato tramite la salatura) e dell’immancabile mollica atturrata (tostata), il formaggio dei poveri. Essa dunque rappresenta, nella sua peculiarità, la cucina siciliana, che riesce a essere, al contempo, popolare e aristocratica. Bucatini e maccheroncelli oggi sono i formati di pasta che danno al piatto la giusta “rilevanza”, mantenendo inalterata la tradizione del formato lungo. Presente sulle tavole siciliane da marzo a settembre, periodo in cui si trovavano sia le sarde sia, soprattutto, il finocchietto selvatico fresco, è una delle pietanze tradizionali consumate per la festa del papà, nel giorno di San Giuseppe, il 19 marzo. A Palermo è molto apprezzata anche la versione al forno, acquistabile in città nelle tavole calde, nei bar o nei panifici, nel classico formato vaschetta. Numerose sono le sue varianti, come accade nel caso dei piatti dalla grande diffusione popolare. Alcune di esse, nel tempo, hanno raggiunto una relativa autonomia rispetto alla ricetta originaria, presentandosi come preparazioni indipendenti, peraltro molto apprezzate: parliamo della pasta c’anciova (pasta con l’acciuga, o “con le sarde a mare”, o a’ milanisi), della palina e – notizia che sorprenderà anche molti palermitani – della rinomata pasta chi vruocculi arriminati (pasta con i cavolfiori mescolati).

Ricetta

INGREDIENTI (dosi per 4 persone)

  • 400 g bucatini
  • 500 g sarde fresche diliscate (prive della testa e della coda)
  • 700 g di finocchietto di montagna
  • 1 cipolla
  • 3 sarde salate
  • 100 g di uva passa e pinoli
  • 2 bustine di zafferano
  • olio extravergine d’oliva
  • sale e pepe
  • pangrattato

Pulire accuratamente i finocchietti selvatici eliminando le parti più dure, quindi farli lessare in abbondante acqua salata. Una volta pronti e scolati bisogna tagliarli finemente. Tenere da parte l’acqua di cottura, che servirà successivamente. Prendere un padellino, mettere un filo d’olio e aggiungere il pangrattato. Con un cucchiaio di legno mescolare il pangrattato fino a quando non risulterà abbrustolito. In un ampio tegame mettere la cipolla precedentemente tritata e le sarde salate a pezzetti, fino a che quest’ultime non risultano sciolte nel soffritto. Aggiungere l’uva passa, i pinoli e il finocchietto selvatico. Fare amalgamare i vari ingredienti, quindi aggiungere le sarde e un mestolo dell’acqua di cottura del finocchietto. Mescolare delicatamente e lasciare cuocere a fuoco moderato. Quasi al termine della cottura, sciogliere lo zafferano in un po’ d’acqua (anche quella dove è stato cotto il finocchietto) e unirlo al composto, aggiustando di sale e pepe. Nel frattempo rimettere sul fuoco la pentola con l’acqua di finocchietto per calare i bucatini. Una volta cotta la pasta, mescolare i bucatini con il sugo (in questo momento si può aggiungere, se si vuole, un’altra bustina di zafferano, per rendere ancora più omogeneo il tipico colore). Servire con il pangrattato abbrustolito, a Palermo noto come “muddica atturrata”.