MACCO DI FAVE

Maccu di favi

 

MACCO DI FAVE

Maccu di favi

 

Storia

Il macco di fave è una delle preparazioni più antiche della cucina siciliana. Ampiamente diffuso in tutta l’isola, si presenta in innumerevoli varianti, differenziate per zona di provenienza, ingredienti utilizzati, consistenza e aspetto finale.

Fra di esse, particolarmente nota è quella di Raffadali, paese dell’agrigentino ancora oggi conosciuto come u paisi du maccu (il paese del macco), che al piatto della tradizione ha dedicato una sagra in occasione della Festa della Madonna del Rosario. Si tratta di una purea di fave che, all’occorrenza, può avere l’aspetto di minestra, se la si vuole degustare con la pasta. Il suo nome dovrebbe derivare dal tardo latino maccare, ovvero pestare, rendere in poltiglia. Altra ipotesi etimologica lo riconduce invece allo sciocco mangione Maccus, personaggio fisso dell’atellana romana, genere di commedia dai toni farseschi. Significativa, in tale orizzonte di senso, è l’esistenza di una maschera tipica del Carnevale di Palazzolo Acreide detta Mangiamaccu, ‘nciura (soprannome scherzoso) con la quale vengono indicati anche tutti gli abitanti del borgo barocco da parte dei cittadini dei paesi vicini. Un precedente antico del macco può essere rintracciato nelle puls, polente di legumi o cereali quotidianamente consumate dalla plebe romana. Si ha testimonianza di una puls fabata (zuppa di fave) da Plinio il Vecchio, che la descrive come pietanza sacra di una religione arcaica. Rispetto all’uso romano, in Sicilia venne ben presto meno la consuetudine di consumare le fave solo in occasione dei riti funebri. Esse divennero infatti centrali nella dieta contadina isolana, soprattutto essiccate poiché disponibili tutto l’anno, in virtù delle loro eccezionali proprietà nutritive che le elevavano al rango delle proteine animali, tanto da essere considerate la “carne dei poveri”. Il macco di fave, tipico dunque delle zone agricole e dell’entroterra, probabilmente acquisì centralità nell’alimentazione di Palermo nel momento in cui la città, interessata nei secoli da vari flussi migratori, venne raggiunta dagli abitanti delle campagne limitrofe. Molto simile alla versione tipica del capoluogo si presenta infatti quella madonita, caratterizzata dalla presenza del finocchietto selvatico. In primavera il macco viene realizzato con le fave fresche di stagione, che richiedono un tempo di cottura inferiore e conferiscono un colore verde brillante al piatto finale. Il macco, come si diceva, può anche essere servito come salsa in un primo piatto: in questo caso si prediligono gli spaghetti spezzettati e, talvolta, la pasta fresca. Ancora oggi, dati i lunghi tempi di cottura, è consigliato preparare il macco di fave in una buona pentola di coccio.

Ricetta

INGREDIENTI (dosi per 4 persone)

  • 500 g di fave secche sgusciate
  • 1 cipolla
  • olio extra vergine d’oliva
  • finocchietto selvatico
  • sale e pepe
  • peperoncino (facoltativo)

Mettere le fave in ammollo nell’acqua fredda per almeno 12 ore. Una volta pronte risciacquarle. Nel frattempo tritare finemente una cipolla e il finocchietto selvatico. Quindi soffriggere la cipolla, unire le fave e il finocchietto e far rosolare per un paio di minuti. Aggiungere l’acqua in modo che copra le fave a filo e salare leggermente. Fare cuocere a fuoco moderato, con il coperchio, per almeno due ore e mezzo, tre ore. Durante la cottura mescolare di tanto in tanto, facendo pressione con il cucchiaio di legno affinché le fave si sfaldino. A fine cottura aggiustare di sale. Una volta servito, completare il piatto con un filo d’olio, un po’ di pepe e, si vuole, del peperoncino.